Andrea Zanzotto è un poeta particolarmente originale nel panorama culturale del Novecento e, se proprio si vuole catalogarlo, egli appartiene a quella che molti critici letterari (tra cui Gianfranco Contini) definiscono come "linea post-ermetica", caratterizzata dalla sperimentazione continua di diversi stili poetici.
Egli nacque a Pieve di Soligo (Treviso), si laureò in Lettere a Padova ed ha insegnato a lungo nelle scuole medie:il poeta, a parte alcuni soggiorni all'estero (in Svizzera, a Parigi e negli Stati Uniti) non ha mai abbandonato la campagna veneta, da lui considerata una formidabile fonte di ispirazione.
Le sue principali raccolte poetiche furono nell'ordine: "Dietro il paesaggio" (1951),"Elegia ed altri versi" (1954) "Vocativo" (1957),"IX Egloghe" (1962) "La beltà" (1968).
La principale caratteristica della poetica di Zanzotto è il plurilinguismo, cioè la sperimentazione, all'interno della sua opera, di diversi linguaggi e di dfferenti stili poetici:questo accade perchè l'autore ritiene che l'uomo contemporaneo sia privo di certezze e la poesia (come l'arte in generale) deve quindi rappresentare il caos della civiltà moderna; di conseguenza nelle liriche di Zanzotto entrano in contrasto termini molto colti (addirittura latinismi) con il linguaggio tecnologico e scientifico tipico della cultura contemporanea.
La prima raccolta ("Dietro il paesaggio") include i testi scritti negli anni 1940-48 e manifesta una spiccata tendenza verso il Simbolismo:il poeta vero è colui che sa vedere dietro la realtà e riconoscere l'aspetto simbolico di ogni cosa ed in questo Zanzotto è sicuramente influenzato dall'Ermetismo fiorentino.
Successivamente, però, il poeta sviluppa una sua personalissima vena artistica, che si basa sulla contaminazione tra vari linguaggi:la raccolta "Vocativo" presenta uno stile che molto spesso tende a non considerare le strutture grammaticali per esprimere l'angoscia dell'uomo contemporaneo di fronte ad un mondo che cambia in continuazione e non dà certezze.
Le liriche di Vocativo sono organizzate come se fossero rivolte a qualcuno o a qualcosa, ma l'interlocutore del poeta resta volutamente indefinito e quindi l'intero testo appare come un monologo.
Tale linea di tendenza si accentua con la raccolta "La beltà", che racchiude i testi composti negli anni Sessanta:Zanzotto esercita nei confronti della civiltà contemporanea la stessa critica operata da Montale, poichè ritiene che il dominio dei mass media porti ad una caduta dei valori etici ed ideologici e quindi anche il linguaggio poetico, che dovrebbe comunicare un messaggio moralmente forte, finisce per ridursi ad un "balbettare" (si legga l'intervista di Montale "E'ancora possibile la poesia?"), fino a giungere al vero e proprio non-senso.
Di conseguenza in un mondo che non offre alcuna verità ma solo opinioni effimere l'artista non può fare altro che adeguarsi a questo disordine e proprio per questo si esprime utilizzando linguaggi diversi e contrastanti, smantellando le strutture grammaticali e deformando le parole che ormai sono prive di un senso assoluto ed obiettivo.
Il critico Stefano Agosti ha infatti parlato per le ultime raccolte di una scissione tra significato e significante, nel senso che le parole ormai sono ridotte ad una pura successione di suoni senza alcuna pretesa di avere un significato certo ed univoco;si nota appunto un uso molto forte di prefissi e suffissi, neologismi e deformazioni.
E' importante sottolineare che Zanzotto rivaluta moltissimo l'uso del dialetto veneto nella sua opera, proprio perchè a suo avviso attraverso il dialetto i poeti possono esprimere meglio la loro creatività:il dialetto è per lui una lingua pura e genuina che, proprio perchè antica, non risente del relativismo tipico della civiltà moderna.
Ecco un esempio della contaminazione del linguaggio operata da Zanzotto.
Oltranza-oltraggio
Salti saltabecchi friggendo puro-pura
nel vuoto spinto outrè
ti fai più in là
intangibile-tutto sommato-
tutto sommato
tutto
sei più in là
ti vedo nel fondo della mia serachiusascura
ti identifico tra i non sic i sigh
ti disidentifico
solo no solo si solo
piena di punte immite frigida
ti fai più in là
e sprofondi e strafai in te sempre più in te
fotti il campo
decidi verso
nel tuo sprofondi
brilli feroce inconsutile nonnulla
l'esplodente l'eclatante e non si sente
nulla non si sente
no sei saltata più in là
ricca saltabeccante là
L'oltraggio
Si può benissimo notare come in questo testo le normali strutture grammaticali e logiche del linguaggio siano talmente alterate da giungere al vero e proprio non-senso.
L'intera poesia è basato su tutta una serie di ripetizioni e variazioni intorno ad un tema di fondo: la distanza (fisica e simbolica) dalla donna interlocutrice. Il concetto del "ti fai più in là" (verso 3) è presente in tutto il testo ed il poeta usa moltissimo l'allitterazione,figura retorica basata sulla ripetizione degli stessi suoni (es. esplodente/eclatante", "sprofondi/strafai").
Il senso ultimo della poesia è espresso dal titolo che, secondo una nota dell'autore, significa "cosa che va oltre il limite di sopportazione" (con il rimando dantesco a Paradiso, XXXIII, 57).