Il tema della felicità e dell'aspirazione umana verso di essa è stato trattato da molti poeti, tra cui Giacomo Leopardi ed Eugenio Montale.
Questi due poeti hanno una visione della felicità molto simile e soprattutto ritengono che tale condizione sia raggiungibile solo per pochi attimi, istanti magici in cui la persona scopre un mondo di emozioni fin allora quasi sconosciute.
La poesia "Felicità raggiunta" fa parte della raccolta montaliana Ossi di seppia (pubblicata nel 1925): il tema dominante delle poesie di Ossi di seppia è l'idea dell'esistenza come una specie di corsa ad ostacoli, piena di difficoltà e di incertezze; in questo contesto l'uomo è fondamentalmente solo e non può sperare nell'aiuto divino o in circostanze provvidenziali. Dio viene visto come una presenza indifferente alle vicende umane e addirittura nella poesia "Spesso il male di vivere ho incontrato" la felicità viene vista consistere nel raggiungimento della Divina Indifferenza, cioè di una condizione di assoluto distacco spirituale dal dolore.
Solo eccezionalmente gli eventi della vita possono aprire la porta ad uno spiraglio di speranza e quando ciò accade si prova un senso di stupore e quasi di turbamento.
Questa concezione è riassunta nella poesia "Felicità raggiunta", che viene qui antologizzata
FELICITA' RAGGIUNTA
Felicità raggiunta,
si vive per te sul fil di lama.
Agli occhi sei barlume che vacilla,
ai piedi ghiaccio teso
che s'incrina
e dunque non ti tocchi chi più t'ama.
Se giungi sulle anime invase di tristezza
e le schiari
il tuo mattino è dolce e turbatore
come i nidi delle cimase.
Ma nulla paga il pianto del bambino
a cui fugge il pallone tra le case.
E' evidente notare come il poeta ricorra ad una serie di efficaci metafore per descrivere la felicità e soprattutto la fragilità di questa condizione; essa è "barlume che vacilla" e "ghiaccio teso che s'incrina", quindi è un miraggio destinato a svanire da un momento all'altro.
La frase più affascinante della lirica è al verso 6 ("Non ti tocchi chi più t'ama"): secondo il poeta proprio chi desidera maggiormente essere felice deve rinunciare a ricercare la gioia, perchè essa svanisce presto e lascia il posto alla delusione; è importante notare inoltre che le persone normalmente tristi provano un senso di turbamento quando provano gioia, non essendo abituate a tale condizione.
Negli ultimi versi vi è un accenno all'idea secondo cui la sofferenza del bambino sia molto più intensa di quella dell'adulto, proprio perchè il fanciullo ha la capacità di gioire per le piccole cose della vita; il pallone dell'ultimo verso diventa il simbolo della gioia infantile, anch'essa purtroppo intaccata dalle delusioni esistenziali.