Alda Merini può essere considerata una delle più grandi poetesse e scrittrici del Novecento e la sua produzione si caratterizza per uno stile limpido e nello stesso tempo incisivo, con cui l'autrice descrive perfettamente il suo mondo interiore.
Alda Merini nasce a Milano nel 1931 e fin dall'adolescenza manifesta uno spiccato talento poetico ed una passione molto intensa per la musica; la sua esistenza fu purtroppo tormentata da una serie di turbe psicologiche che la costrinsero a lunghi periodi di ricovero in case di cura, tuttavia la poetessa riuscì a trasformare il suo personale disagio in una straordinaria fonte di ispirazione.
Alda Merini venne inoltre circondata dalla protezione e dalla stima di molti letterati, tra cui Maria Corti e Giorgio Manganelli:la prima raccolta poetica, dal titolo "La presenza di Orfeo", venne pubblicata nel 1953 a Milano.
La poesia di Merini è istintiva, quasi ingenua nella sua spontaneità, ha qualità visionarie ed orfiche: l'autrice infatti è molto vicino allo stile letterario tipico di Dino Campana e procede per accostamenti di immagini apparentemente senza alcun collegamento logico.
A questo proposito il critico Giorgio Manganelli ha definito lo stile della poetessa come dominato da "una fantastica irruenza", ma tutto ciò si unisce anche ad una spiccata tendenza narrativa: l'esperienza della Merini può essere accostata a quella dei letterati del primo Novecento (tra cui il poeta Dino Campana) riuniti attorno alla rivista "La voce", che crearono uno stile particolare definito "frammento lirico" (un misto di poesia e di prosa).
Nel 1988 Merini raccolse tutte le sue poesie in una grande Antologia chiamata "Testamento", in cui confluiscono molti testi presenti nella precedente raccolta dal titolo "La Terra Santa", titolo che indica la tormentata ricerca dell'autrice per raggiungere una condizione di serenità, proprio come gli ebrei che dopo il passaggio del Mar Rosso giungono finalmente nella tanto sospirata Terra Promessa.
Ecco alcuni importanti esempi di testi poetici tratti dalle raccolte di Alda Merini.
A tutte le donne
Fragile, opulenta donna, matrice del paradiso
sei un granello di colpa
anche agli occhi di Dio
malgrado le tue sante guerre
per l'emancipazione.
Spaccarono la tua bellezza
e rimane uno scheletro d'amore
che però grida ancora vendetta
e soltanto tu riesci
ancora a piangere,
poi ti volgi e vedi ancora i tuoi figli,
poi ti volti e non sai ancora dire
e taci meravigliata
e allora diventi grande come la terra.
Questo testo, com'è evidente, è una specie di inno alla donna, vista come una creatura fragile ma nello stesso tempo forte, la cui forza è appunto rappresentata dalla capacità di amare nonostante le avversità.
In quest'altra poesia, invece, Alda Merini descrive l'esperienza della propria sofferenza interiore, che può essere equiparata al "male di vivere" di Montale.
Ieri ho sofferto il dolore
Ieri ho sofferto il dolore,
non sapevo che avesse una faccia sanguigna,
le labbra di metallo dure,
una mancanza netta d'orizzonti.
Il dolore è senza domani,
è un muso di cavallo che blocca
i garretti possenti,
ma ieri sono caduta in basso,
le mie labbra si sono chiuse
e lo spavento è entrato nel mio petto
con un sibilo fondo
e le fontane hanno cessato di fiorire,
la loro tenera acqua
era soltanto un mare di dolore
in cui naufragavo dormendo,
ma anche allora avevo paura
degli angeli eterni.
Ma se sono così dolci e costanti,
perchè l'immobilità mi fa terrore?
( Da "La Terra Santa")
E' evidente in questa poesia come il dolore sia descritto come una presenza fisica, simboleggiata dal "muso di cavallo che blocca i garretti possenti":questo parallelismo ricorda benissimo il "male di vivere" montaliano, che si concretizza anch'esso in immagini quali "il rivo strozzato che gorgoglia, "il cavallo stramazzato".
Fa riflettere l'espressione secondo cui il dolore è "senza domani": infatti per la Merini, come per tante persone che soffrono, il dolore è un'esperienza che sembra non avere mai fine, fa perdere la speranza e quindi impedisce all'uomo di vedere al di là del momento presente e di superare l'angoscia.
L'immobilità dell'ultimo verso è una metafora della morte, che fa terrore alla poetessa ma nello stesso tempo la attrae, perchè rappresenta un'estrema via d'uscita dalla continua sofferenza.
E' importante sottolineare che la Merini manifesta in molte sue poesie una profonda religiosità, com'è evidente nel testo seguente.
La carne degli angeli
Un punto è l'embrione
un secolo di vita
che ascolta l'universo
la memoria del mondo
fin dalla creazione.
L'uomo che nascerà
è un'eco del Signore
e sente palpitare in sé
tutte le stelle.
Questa lirica è appunto un inno all'uomo creato ad immagine e somiglianza di Dio, un essere unico ed irripetibile che racchiude in sè "un secolo di vita", proprio perchè prima di nascere era già nella mente del Creatore e quindi è come se avesse dentro di sè tutte le "stelle".